Codice della Strada test droga

Un mese e mezzo dopo la riforma, le forze dell’ordine navigano a vista. La Cassazione mette in discussione l’affidabilità dei controlli salivari.

Dal 14 dicembre 2024, il nuovo Codice della Strada ha introdotto una svolta epocale: basta un test salivare positivo per sanzionare chi guida dopo aver assunto stupefacenti, anche senza prove di alterazione psico-fisica. Multe fino a 6.000 euro, sospensione della patente fino a due anni e confisca del veicolo sono le conseguenze immediate 12. Ma a oltre un mese e mezzo dall’entrata in vigore, mancano ancora le linee guida operative per i test rapidi, lasciando polizia e automobilisti in un limbo giuridico e scientifico.

Il nodo dell’affidabilità: Cassazione e falsi positivi

La riforma poggia su un principio semplice: la mera presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo costituisce reato, indipendentemente dallo stato del conducente. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza 2020/2025, ha gettato ombre sulla validità dei test salivari, definendo gli esami delle urine e della saliva “non sempre attendibili” e indicando l’analisi del sangue come unico metodo probatorio certo . Un paradosso, considerato che la nuova norma elimina proprio la necessità di accertare l’alterazione psico-fisica, richiedendo invece solo la positività al test. Critici sottolineano che sostanze come la cannabis possono lasciare tracce per giorni, penalizzando chi guida in stato lucido. Il caso del segretario dei Radicali Filippo Blengino, che ha perso la patente dopo essersi autodenunciato per aver guidato due giorni dopo l’assunzione di cannabis terapeutica, è emblematico.

Polizia stradale tra circolari e ambiguità

In assenza di protocolli definitivi, le forze dell’ordine operano con una circolare transitoria: in caso di test positivo, è obbligatorio l’intervento di personale sanitario per il prelievo, mentre viene abolita la compilazione della scheda clinica sullo stato del conducente. Un cambiamento radicale rispetto al passato, quando gli agenti valutavano coordinazione, eloquio e stato emotivo. Dal punto di vista pratico, mentre i Ministeri lavorano alle linee guida, le forze dell’ordine effettuano i controlli basandosi sulla positività e non sullo stato di alterazione del soggetto alla guida.

Rischi e disparità: il rebus dei dispositivi

Le criticità non finiscono qui. I test rapidi utilizzati (come DrugWipe e Sotoxa) rilevano solo alcune sostanze, ignorando nuove droghe sintetiche, e presentano soglie di rilevamento variabili, con rischi di falsi positivi. Senza standard unificati, un automobilista potrebbe risultare positivo in un controllo e negativo in un altro, a seconda dello strumento usato. Persino farmaci comuni come le benzodiazepine potrebbero innescare sanzioni ingiuste.

Cosa succederà ora?

La sentenza della Cassazione, seppur riferita a un caso precedente alla riforma, apre la strada a ricorsi e potenziali pronunce di incostituzionalità. Altroconsumo ha già sollecitato i ministeri a reintrodurre la valutazione dell’alterazione psico-fisica e a definire standard per i dispositivi.

Nel frattempo, il dibattito infuria: da un lato chi chiede tolleranza zero per salvare vite, dall’altro chi denuncia un sistema punitivo basato su prove fragili. Una cosa è certa: senza linee guida chiare e test affidabili, la strada verso una sicurezza stradale equa ed efficace rimane in salita.